Approfitto di un'intervista che mi è stata fatta (e pubblicata il 27 febbraio 2011 su "Lombardia Oggi" - l'inserto culturale del quotidiano "La Prealpina"), per parlare del problema dello shopping compulsivo.
In base ai dati in possesso del Movimento Consumatori di Varese si tratta di un fenomeno più diffuso di quanto si pensi e in continuo aumento. Le più colpite sono le donne, tra i 30 e i 40 anni, di ceto sociale medio-alto, con il bisogno compulsivo di acquistare oggetti inutili, soprattutto vestiti. Il fenomeno però riguarda sempre più anche i giovani maschi, tra i 20 e i 30 anni, che acquistano su internet apparecchi tecnologici, attrezzi sportivi e DVD che poi non useranno mai.
Si tratta di una vera e propria forma di dipendenza con pesanti conseguenze sulla vita familiare, lavorativa e sociale. La presa in carico di queste persone è complessa perché implica solitamente consulenze legali per le spese di indebitamento e le truffe, psicoterapia e partecipazione a gruppi di mutuo-aiuto.
La psicoterapia può aiutare ad affrontare la sofferenza psicologica alla base di questo disturbo, solitamente di tipo depressivo. Molti infatti riferiscono di aver iniziato gli acquisti poiché in preda ad un disagio, ad una tensione insopportabile. Altri parlano di noia, di vuoto esistenziale, di indifferenza alla propria vita.
Finalità del percorso terapuetico diventa allora la ricerca di nuovi significati nella propria quotidianità, imparando a gestire le emozioni negative e a crescere nella dimensione tanto umana ma tanto faticosa della responsabilità.
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